Chioggia.

Chioggia.
Canal Vena, ponte Zitelle.

martedì 31 agosto 2010

Letture.


ENZO BIAGI, Consigli per un paese normale, Milano, Rizzoli, 2010.



Dopo la clamorosa, forzata rimozione del suo Fatto dai palinsesti Rai, Enzo Biagi continuò lontano dagli schermi la sua attività di giornalista. Tra le varie testate con cui collaborava c’era “Oggi”, settimanale su cui teneva la rubrica “Il fatto della settimana”. Basandosi su una notizia che lo aveva particolarmente colpito, o prendendo spunto dalle sollecitazioni che gli giungevano dai lettori, Biagi conduceva riflessioni concrete e costruttive sull’Italia, sulle sue manchevolezze e sulle strade da seguire per farla diventare finalmente un Paese normale. Rilette a distanza di anni, le sue considerazioni mantengono tutta la loro attualità e suonano ancora più urgenti e necessarie. E colpiscono per le parole chiave attorno a cui si sviluppa il pensiero dell’autore: merito, onestà, rispetto, impegno; concetti che mai come oggi necessitano della limpida forza di un giornalismo alla Biagi, capace di educare e rendere migliore chi lo legge.

Bragozzo Chioggiotto.

Laguna del Lusenzo, primi anni del Novecento.

venerdì 27 agosto 2010

giovedì 26 agosto 2010

Letture.


José Saramago, Tutti i nomi, Torino, Einaudi, 1998.




Il Signor José è un modesto impiegato presso la Conservatoria Generale dell'Anagrafe, il cui unico svago è quello di collezionare notizie su persone famose ritagliate dai giornali. Un giorno, tuttavia, decide di andare alla fonte delle notizie e di verificare i dati di ciascuno dei personaggi collezionati: si introduce di notte negli immensi e polverosi archivi della Conservatoria e casualmente scopre che fra le varie pratiche si è intrufolata la scheda di una donna sconosciuta. Da quel momento, la sua vita cambia...




La recensione de L'Indice

di Martinetto, V., L'Indice 1998, n.10


A due anni dall'uscita di "Cecità" (Einaudi, 1996, ed. orig. 1995; cfr. "L'Indice", 1996, n. 9), Saramago è di nuovo in libreria con un romanzo che anche a occhi chiusi si riconoscerebbe come suo: ingredienti, intreccio, struttura narrativa, stile. Per chi ama Saramago, quindi, nessuna sorpresa, ma il piacere di ritrovarlo, quel che si dice una garanzia. Come in romanzi precedenti, anche qui l'autore sviluppa la narrazione giocando fra due poli antitetici: l'iperrealismo e il paradosso. Quando parlo di iperrealismo, in Saramago, mi riferisco a una precisione quasi maniacale del dettaglio, una sorta di tic minimalista, che lo porta a scegliere argomenti a prima vista banali e a soffermarsi, lungo la narrazione, su gesti triviali dell'esistenza - una rasatura mattutina, la preparazione di una tavola, il menù consumato, l'attenzione alla piega di un vestito, al modo di infilarsi sotto le coperte, per poi sconvolgerli, attingendo alla tradizione del fantastico, nel metterli in relazione con qualche avvenimento assurdo, quando non surreale, che è ciò che innesca l'azione.Se nel romanzo precedente questo evento era l'improvvisa epidemia di cecità che colpisce in una giornata qualunque i cittadini di una città qualunque, in "Tutti i nomi" è un'inspiegabile ossessione che si impadronisce di un certo signor José, modesto impiegato della Conservatoria generale dell'Anagrafe di una - anche qui - non ben identificata città. L'ossessione, che condurrà ad avventure impensabili un uomo dalla condotta ineccepibile, scapolo, di mezz'età, dedito al lavoro e al rispetto delle gerarchie, insomma un Pessoa senza genialità, è quella di ricostruire la storia di una donna anch'essa qualunque, sulla cui scheda - che in Anagrafe reca soltanto nome, data e luogo di nascita e poco più - si sofferma un giorno, per caso, l'occhio dello scritturale, malgrado la consumata routine di riordinare quotidianamente centinaia di schede, senza notarle neppure.Ecco il cuore che farà pulsare il romanzo: l'irrazionale accanimento con cui il protagonista si metterà sulle tracce della sconosciuta, assumendo le spoglie di uno stravagante investigatore che per portare a termine la propria ricerca rischia salute e dignità con insospettabili trasgressioni ai principi di una vita trascorsa nello zelo per il proprio lavoro, senza che, come nel genere poliziesco, vi sia una motivazione forte. Anzi la motivazione è talmente irrisoria e insensata da conferire a tutta la storia valenze paradigmatiche, alla cui interpretazione il lettore potrà liberamente applicarsi.L'atmosfera angosciosa e quasi onirica che emana dalla vicenda del signor José, narrata nello stile freddamente limpido, più razionale che viscerale, di Saramago, suggerisce del resto affinità con l'universo kafkiano. Come un Joseph K. volontario, il protagonista di "Tutti i nomi", si crea gratuitamente una vicenda che è tanto più assurda quanto più il procedere dell'immotivata ricerca lo porterà a dover affrontare lo spettro dell'impotenza: la donna che cercava è morta suicida proprio in quei giorni, ed egli ne avrà notizia, semplicemente, dall'avvenuto trasferimento della sua scheda dall'archivio dei vivi a quello dei morti. Tuttavia, l'ostinazione del signor José non verrà meno, la sua ricerca continuerà "post mortem", con quel "penchant" tutto portoghese per i cimiteri. E lo scioglimento del romanzo riserverà una sorpresa, come solo i romanzi ben architettati possono fare.

Letture.




Gian Antonio Stella, Il maetro magro, Milano, Rizzoli, 2005.


Mettere insieme, un alunno dopo l'altro, una classe di adulti analfabeti: questo cerca di fare Ariosto Aliquò, detto Osto. Figlio di un tappezziere puparo che dopo uno sgarbo involontario a un boss mafioso si è visto incendiare il teatro, Osto emigra dalla Sicilia in una terra ancora più povera, il Polesine: cerca di rastrellare gli scolari necessari a guadagnare, in base a una vecchia legge, il diritto a quello stipendio ridotto che spetta ai "maestri magri". Lì conosce Ines, una giovane vedova di guerra. E lì, in un mondo sospeso tra la terra e l'acqua, nasce un amore forte, malinconico e allegro. Il libro è il primo romanzo del noto giornalista, inviato del "Corriere della Sera".

martedì 24 agosto 2010

Camaldoli.org | "Colligite, quae superaverunt fragmenta, ne quid pereat ”. (Giovanni VI, 12: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto

Camaldoli.org "Colligite, quae superaverunt fragmenta, ne quid pereat ”. (Giovanni VI, 12: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto

Leonardo Bazzaro, Mercato del pesce a Chioggia.

Pittura a Chioggia.




È una pagina poco conosciuta dagli stessi chioggiotti e ancora tutta da approfondire, quella che hanno scritto i pittori che da mezzo mondo sbarcarono a Chioggia, tra Ottocento e Novecento, per cercare nel suo colore emozioni e ispirazione. La città diventò meta privilegiata soprattutto con la pittura di genere” e con quella “impressionista” al punto che Mosè Bianchi, uno degli artisti più affezionati del paesaggio chioggiotto, nel registrare sempre nuovi arrivi di colleghi anche illustri, ebbe a scrivere con una certa enfasi: “Chioggia diventerà un’Accademia di Belle Arti”. La lista sarebbe lunga e risulterebbe comunque incompleta, perché non fu e non è sempre facile registrare ogni passaggio. Cercheremo di ricordare almeno le presenze più note. Cominciando da Louis Leopold Robert, il pittore svizzero morto suicida a Venezia, proprio sul suo contestato e notissimo capolavoro sui pescatori chioggiotti ora conservato a Neuchatel. (Svizzera). Poi l’acquerellista Emanuele Stochler; gli austriaci Ludovico Passini, autore del famoso “Cantastorie” e Luigi Schon del quale si ricorda “Interno della pescheria di Chioggia” e il “Ritorno dalla pesca”. Dall’Olanda approdarono prima Van Haanen e dopo Ruben. Rimpinguano la schiera di stranieri lo svizzero Edmondo De Pury; gli americani P. Ryder di Washington, Otto Bacher di Filadelfia, Olen L. Warner di New York; gli inglesi Robert Ayton, Miss Telbin, Roda Holmes, Inghan Florence Vendroffe e Faikemberg. E ancora il croato Emanuele Vidovic, i tedeschi Albert Balin, Richard Lang, Robert Schielin, Henry Bradley e più recentemente Friedrich Kielein. Altrettanto nutrita e qualificata la schiera dei pittori italiani. Tra i primi Emma,Beppe e Guglielmo Ciardi, la cui tela “Nubi di primavera nella laguna di Chioggia” venne acquistata dal re. Come accadde al famosissimo “Refugium peccatorum” di Luigi Nono (sotto in questo blog!). Quindi Raffaele Mainella che portò all’esposizione universale di Venezia un acquerello sulla pescheria chioggiotta. E Guglielmo Stella, che illustrò il reportage di Eduard Charton, Silvio Rota, i fratelli Cecchini, Alessandro Zezzos, Ferruccio Scattola, Antonio Ermolao Paoletti. Una sottolineatura merita il già citato Mosè Bianchi, che a Chioggia ha prodotto una quarantina di tele, tra cui le famose “Traversata” e “Burrasca”, più volte replicata, che gli meritò l’appellativo di “pittore delle marine”. Ma anche Leonardo Bazzaro che ritornò puntualmente per cinquant’anni e a cui recentemente la città ha dedicato una mostra retrospettiva. A questi vanno aggiunti Pompeo Mariani, Pieretto Bianco, Telemaco Signorini, i milanesi Filippo Carcano ed Emilio Gola, i triestini Giuseppe Barison, Pietro Fragiacomo e Guido Grimani, il Bezzi, il Bozzoli, Enrico Serra, il Favretto, il Rosa, lo Steffani, il Carloforti, il veronese Ettore Calvi, il napoletano Achille Formis, il Carozzi, Italico Brass, Ettore Tito, fino a Pio Semeghini. Ma anche Chioggia non fu da meno nel eguire questa tradizione pittorica che esalta i colori del paesaggio. Basterà citare al riguardo i nomi di Aristide Naccari, Brombo, Bonivento, Gallimberti e Pagan, annotando che l’elenco è volutamente aperto.




Testo di Sergio Ravagnan.

domenica 22 agosto 2010

Immagini.


PIETR BRUEGHEL
Matrimonio contadino

Letture.


José Saramago, Cecità , (titolo originale Ensaio sobre a Cegueira), Torino, Einaudi, 1996.

Da Wikipedia.


« C'era un vecchio con una benda nera su un occhio, un ragazzino che sembrava strabico [...] una giovane dagli occhiali scuri, altre due persone senza alcun segno visibile, ma nessun cieco, i ciechi non vanno dall'oculista »


Cecità (titolo originale, in lingua portoghese: Ensaio sobre a Cegueira, Saggio sulla cecità) è un romanzo dello scrittore e premio Nobel per la letteratura portoghese José Saramago, pubblicato nel 1995. In Italia, il titolo è stato tradotto eliminando parte di quello in lingua originale per esigenze editoriali; si è ritenuto infatti che Saggio sulla cecità avrebbe scoraggiato i lettori.
In un romanzo successivo di Saramago, Saggio sulla lucidità, si ritrovano personaggi presenti in Cecità. I fatti raccontati nei due romanzi sono legati, al punto che Saggio sulla lucidità può essere considerato come il "seguito" di Cecità.
Trama
In una città mai nominata, un automobilista fermo al semaforo si accorge di essere diventato improvvisamente cieco. La sua malattia, però, è peculiare: infatti egli vede tutto bianco. Tornato a casa con l'aiuto di un altro uomo (che ben presto si rivelerà un ladro) racconta l'accaduto a sua moglie. I due si recano da un medico specialista, dove trovano un vecchio con una benda nera su un occhio, un ragazzino che sembrava strabico, accompagnato da una donna e una ragazza dagli occhiali scuri.
Il medico, dopo aver esaminato l'uomo (che, nel seguito della storia, sarà chiamato il primo cieco), si accorge di non avere spiegazioni per quella improvvisa cecità. Ben presto, però, la cecità comincia a diffondersi. Il ladro di automobili, il medico, la moglie del primo cieco, sono tutti colpiti dalla strana malattia. La moglie del medico sembra l'unica a non essere contagiata. L'epidemia si diffonde in tutta la città e il governo del paese decide, provvisoriamente, di rinchiudere i gruppi di ciechi in vari edifici, allo scopo di evitare il contagio. Ogni giorno le guardie avrebbero fornito il cibo agli internati.

« Fra i ciechi c'era una donna che dava l'impressione di trovarsi contemporaneamente dappertutto, aiutando a caricare, comportandosi come se guidasse gli uomini, cosa evidentemente impossibile per una cieca, e più di una volta, o per caso o di proposito, si girò verso l'ala dei contagiati »


Il medico, la moglie del medico (l'unica dotata della vista), il primo cieco e sua moglie, la ragazza dagli occhiali scuri, ladro di automobili e il ragazzino strabico si ritrovano tutti nello stesso edificio, un ex manicomio. Inizialmente, la distribuzione degli alimenti avviene regolarmente, ma ben presto i ciechi si ritrovano abbandonati, perché la cecità si diffonde anche tra i soldati e i politici, fino a colpire tutto il paese (tranne la moglie del medico). All'interno del manicomio, inoltre, un gruppo di ciechi (i "ciechi malvagi") si impossessa di tutte le razioni di cibo provenienti dall'esterno per poter ricattare gli altri malati e ottenere potere e altri vantaggi, compresi rapporti sessuali con le donne. Proprio durante uno di questi stupri collettivi, la moglie del medico uccideil capo dei "ciechi malvagi". Nel tentativo di rendere inoffensivi questi ultimi, un'altra donna dà fuoco ad un mucchio di coperte nella loro camerata, ma il fuoco si diffonde e finisce per avvolgere tutto l'edificio. Molti ciechi muoiono, ma una parte di loro (tra questi, il gruppo della moglie del medico), riesce a uscire all'aria aperta.
All'esterno dell'ex manicomio, la moglie del medico vedrà i risultati dell'epidemia. Morti per le strade, la città in totale abbandono, gruppi di ciechi che occupano le case altrui e lottano l'uno contro l'altro per assicurarsi del cibo. Mentre il gruppo della moglie del medico cerca di organizzare la vita del gruppo, tutti i ciechi guariscono inspiegabilmente, senza alcuna ragione apparente, proprio come all'inizio della vicenda era sopraggiunta l'epidemia.
Stile e tematiche
In questa opera, come in altre opere di Saramago, viene utilizzato uno stile che prevede l'assenza di nomi propri per i personaggi, identificati tramite espressioni impersonali (come la ragazza dagli occhiali scuri, il vecchio con la benda e il ragazzino strabico, e così via). I dialoghi non sono introdotti dai due punti, né vengono utilizzate le virgolette. I dialoghi vedono le frasi dei vari partecipanti separate da una virgola, seguita da una parola che inizia con una lettera maiuscola.

« Il medico gli domandò, Non le era mai accaduto prima, voglio dire, la stessa cosa di adesso, o qualcosa di simile, Mai , dottore, io non porto neanche gli occhiali »

(Un esempio di come si svolgono i dialoghi nell'opera)
Il tema fondamentale del romanzo è quello dell'indifferenza, che esplode con il dilagare della cecità, ma che era già presente prima degli avvenimenti in questione.

« Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono »

(La moglie del medico)
Lo stesso scrittore, nel discorso fatto in seguito all'assegnazione del Premio Nobel, ha sottolineato come la società contemporanea sia cieca poiché si è perso il senso di solidarietà fra le persone.
Inoltre, il romanzo indaga a fondo la nostra società e le sue strutture di potere; essendo ambientato in un tempo e un luogo indefiniti, questa vicenda può riguardare chiunque. Durante la reclusione dei malati nel manicomio, infatti, essi si ritrovano in una situazione che ha fatto tabula rasa di tutte le condizioni sociali precedenti, lasciando loro la libertà di una organizzazione nuova e più equa, etica. Il pessimismo antropologico dell'autore, però, non fa sì che gli internati creino una società idillica, ma che attuino invece una regressione, che li porta a vivere in uno stato di natura hobbesiano in cui l'unica legge che conta è quella del più forte, e in cui viene messa in atto una guerra di tutti contro tutti per la sopravvivenza. L'unica organizzazione possibile risulta essere una dittatura di pochi che, tramite la violenza, tengono in scacco la maggior parte dei malati.
Nell'episodio del razionamento del cibo da parte dei ciechi malvagi si può inoltre notare la profonda riflessione dell'autore riguardo al problema della fame nel mondo: i ciechi malvagi infatti tengono gli altri internati in uno stato di fame perenne, accentrando nella loro camerata tutti i cibi che vengono portati dall'esterno e lasciando deperire quelli che per loro sono di troppo: la fame nella struttura non è dunque dovuta ad una mancanza reale di cibo, quanto piuttosto alla brutalità e all'egoismo di chi detiene il potere di distribuirlo.
Infine, fra i personaggi del romanzo non si sviluppa mai una vera solidarietà, che rimane circoscritta alle donne, le quali, in seguito al trauma collettivo dello stupro da parte dei ciechi malvagi, formano un nuovo noi, una comunità che assume una valenza salvifica nella figura della moglie del medico. Nonostante questo sia il personaggio più positivo della vicenda, però, anch'essa si macchia di alcuni crimini legati alla necessità della sopravvivenza, benché, nel suo caso, questi non siano rivolti solo alla sua persona ma al gruppo di cui ha deciso di farsi carico.
Trasposizioni
Dal romanzo di Saramago è stato tratto il film omonimo per la regia del brasiliano Fernando Meirelles e interpretato, tra gli altri, da Julianne Moore, Mark Ruffalo, Alice Braga e Gael García Bernal. Presentato al Festival Internazionale di Cannes nel 2008, il film è giunto nelle sale statunitensi nell'ottobre dello stesso anno e sarà distribuito in italia da Mikado nel corso del 2010.




Edizioni
Edizioni originali
Ensaio sobre a Cegueira, Lisbona: Caminho, 1995 (Coll. "O campo da palavra", ISBN 972-21-1021-7)
Traduzioni italiane
Cecità, traduzione di Rita Desti, Torino: Einaudi, 1996 (Coll. "Supercoralli", ISBN 88-06-14161-9); 1998 (Coll. "ET", ISBN 88-06-17299-9)
José Saramago, Cecità, collana ET Scrittori, 511, traduzione di Rita Desti, Giulio Einaudi Editore, 1998. pp. 315, cap. 17, non numerati ISBN 88-06-17299-9

venerdì 20 agosto 2010

Contadino di Vincent Van Gogh.


Arles agosto 1888.
Nel dipinto dipinto colpisce l’immagine penetrante degli occhi di questo uomo che comunicano forza e grande semplicità.
Disse: "Amo piu dipingere gli occhi della gente che cattedrali"

Studi.


Anna Farina, Il Dirigente scolastico gestione risorse umane e finanziarie. Lo stato giuridico del personale dirigente, docente e ATA con appendici di giurisprudenza commentata, Roma, Anicia, 2010, pp. 214.


La pubblicazione esamina alcune tematiche fondamentali del vigente quadro normativo: lo stato giuridico del personale dirigente, docente e ATA della scuola, le responsabilità anche alla luce del d.lgs. n. 150/09 (c.d. decreto Brunetta), l’attività negoziale e la gestione contabile delle scuole autonome. Ad ogni capitolo fa seguito un’appendice nella quale si riporta, distintamente per materia, la giurisprudenza consolidata o prevalente: ogni massima è, analiticamente, corredata da una nota esplicativa. Il lavoro, che può essere utilizzato anche per la preparazione ai concorsi, intende offrire agli operatori della scuola e dell’amministrazione un supporto di agevole e rapida consultazione anche per la casistica giurisprudenziale riportata.

Letture.


Sandor Marai, Liberazione, Adelphi.


Dicembre 1944. L’armata rossa, che già dall’inizio di novembre è arrivata alla periferia di Budapest, sta per completare l’accerchiamento della città. L’antivigilia di Natale una ragazza di venticinque anni, Erzsébet, che già da mesi vive braccata, sotto falsa identità, riesce a trovare un estremo nascondiglio per il padre: il vecchio, un celebre scienziato a cui gli squadroni fascisti delle croci frecciate danno la caccia, verrà murato, insieme ad altre cinque persone, in una cantina grande quanto una dispensa. Erzsébet, invece, scenderà nello scantinato del palazzo dove vive, insieme a tutti gli abitanti di quello e di altri palazzi dei dintorni. Ci rimarranno per quattro settimane, quanto durerà il terribile assedio, mentre sopra le loro teste infuriano i combattimenti. In quel mondo sotterraneo maleodorante e caotico, in una «promiscuità da porcile», mentre fra la gente ammassata sui materassi si scatenano tensioni sempre più acute, Erzsébet aspetta «qualcosa» – qualcosa che si riassume in una parola: liberazione. Tra poco i russi saranno qui, pensa, e tutto cambierà. Finalmente, nella notte fra il 18 e il 19 gennaio, vedrà la sagoma del primo russo stagliarsi sotto la porta: ma quell’incontro sarà ben diverso da come se l’era immaginato. Con Liberazione, Márai ci ha lasciato una testimonianza bruciante dell’orrore che un’intera città, la sua, aveva vissuto in quei mesi, assediata dai sovietici, bombardata dagli Alleati e sottoposta ai rabbiosi rastrellamenti degli sconfitti. Né, quando scriveva le ultime righe del libro nel settembre del 1945, si faceva più illusioni sul regime che l’armata rossa era venuta a instaurare nel suo Paese.

Studi.


Antonio Cocozza , Direzione risorse umane. Politiche e strumenti per l'organizzazione e la gestione delle relazioni di lavoro, Milano, Franco Angeli, 2006, pag. 493.
La risorsa umana non e' più considerata esclusivamente un "costo" ed e' diventata una "risorsa strategica" indispensabile, sia ai fini dell'incremento del valore per il cliente, sia per un efficace perseguimento degli obiettivi connessi con la "mission" istituzionale. In questo quadro evolutivo, il manuale intende fornire agli operatori della direzione risorse umane delle imprese e delle pubbliche amministrazioni, e a coloro che intendono studiare le politiche del personale, una chiave di lettura dei principali fenomeni connessi con il mutamento in atto, in un'ottica interdisciplinare finalizzata a comprendere le interconnessioni esistenti tra aspetti economici, organizzativi e giuridici, con quelli sociologici e psicologici.

Letture.


Eughenia Lenbach è giovane e bella. Ed è un soldato ad altissima specializzazione, anzi è considerata addirittura il "primo soldato del Reich". E infine è una spia, scelta personalmente da Hitler. Opera in un ufficio commerciale al porto di New York, e non c'è nave che, grazie alle sue segnalazioni, riesca a uscire indenne dagli agguati dei sottomarini tedeschi dell'Atlantico. Scoperta, viene spostata su tutt'altro fronte e per ordine diretto del Nido delle Aquile scende in paracadute sui monti delle Madonie, in Sicilia. Siamo all'inizio dell'estate del 1943 e lo sbarco degli alleati è imminente... Una storia intricatissima, e vera, da cui Buttafuoco ha tratto un romanzo.
Pietrangelo Buttafuoco, Le uova del drago, Milano, Mondadori, 2007.

Letture.


Sandro Veronesi, Brucia Troia, Milano, RCS, 2007.


Tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, nel cuore della provincia italiana, si svolge la vicenda raccontata in questo nuovo romanzo di Sandro Veronesi. In scena, due mondi diversi ma paralleli. Sa una parte il Cantiere, un degradato fazzoletto di terra abitato dai "brutti, sporchi e cattivi" che sopravvivono al margine del boom economico: qui si rifugerà Salvatore, ragazzino scappato dal brefotrofio dei Cherubini, qui troverà i suoi maestri nel vecchio Omero e in Miccina, e in seguito anche un compagno-allievo nel Pampa, bambino solitario e selvaggio della sua stessa stirpe segnata. Dall'altra, i trovatelli del brefotrofio, dominati da padre Spartaco, ex missionario integralista con un'idea fissa: costruire tra gli olivi un leggendario monumento psichedelico, tutto ingranaggi e tubi al neon, innalzato in lode alla Vergine Maria per "resistere al progresso che tenta di umiliarla". Nel mezzo, lo scroscio borghese della modernità, al quale tutti i personaggi di questa antisaga sono disperatamente estranei; e sarà proprio nel fatidico 1970, l'anno-chiave dell'epopea dello sviluppo, che essi, tutti, verranno consegnati al proprio destino di vittime sacrificali.

STORIA LOCALE... UNA STORIA MAESTRA.

http://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1644


http://www.chioggia2.it/chioggia2/progetti/tradizioni/indextradizioni.htm

Storia locale… una storia maestra
I tanti aspetti che formano una comunità: un progetto sviluppato dalla regione Veneto
di Alessandra Missana
15 Giugno 2010

Il progetto STORIA LOCALE… UNA STORIA MAESTRA, approvato dagli Organi competenti dell’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica, è stato fortemente voluto dal Nucleo Territoriale del Veneto ed ha preso avvio grazie alla dedizione e alla competenza del ricercatore Prof. Antonio Fossa, divenuto poi coordinatore del progetto.L’intento originario era il recupero e la valorizzazione di quegli aspetti che percorrono la storia e la cultura della regione Veneto, come la continuità e il senso della comunità, ma anche di quelli geo-morfologici: i paesaggi fisici molto differenti, come i fiumi e le valli, e i monti e le piane lagunari, sono stati il terreno sul quale si è costruita e scorre una storia di uomini, per molti aspetti unica e straordinaria.Partendo da questi presupposti, e alla luce del finanziamento previsto, si è deciso di coinvolgere scuole delle province di Venezia, Vicenza, Padova, Treviso affinché affrontassero alcune tematiche peculiari della storia del Veneto da noi individuate e raccolte in 9 macroaree, ciascuna delle quali prevedeva l’approfondimento degli aspetti politico, economico, sociale, tecnico e scientifico, culturale, artistico e letterario.
1. Dal passato al presente: umanizzazione, prime trasformazioni di origine agricola e vie commerciali;2. Nascita di città, strade e centuriazioni;3. Castelli, abbazie, feudalesimo: un modello economico e di gestione del territorio;4. Venezia, la gestione della laguna, dei fiumi, delle acque e del territorio agricolo;5. Le leggi per la gestione del territorio: dalla Serenissima allo Statuto regionale;6. Il Palladio e le Ville Venete;7. Pre e proto industrializzazione: acque, mulini e magli;8. Industrializzazione: il modello diffuso e l’eccezione: Marghera;9. I distretti produttivi e la post-industrializzazione.
Grazie anche al sostegno del Comune di Venezia è stata quindi organizzata una conferenza stampa nell’aprile 2009 che ha provocato la rapida adesione di 20 scuole che si sono organizzate in reti a livello provinciale.I lavori, che come spesso accade, si sviluppano in maniera più alta e profonda di quanto viene previsto all’inizio del percorso, hanno avuto momenti di formazione interna, di alta formazione con esperti universitari, di coordinamento, di approfondimento. Le scuole, di differenti ordini e gradi, si sono sempre più appassionate, grazie alla dedizione e al coinvolgimento dei ricercatori dell’ANSAS e dei docenti di ogni istituzione scolastica. Il lavoro poi di coordinamento dei referenti di rete di ogni provincia è stato decisivo, garantendo che ciascun percorso fosse legato da un filo rosso conduttore che ha dato omogeneità alla/alle macroaree affrontate. Le annunciate modifiche normative intanto stavano diventando realtà: gli insegnanti hanno colto lo spirito riformatore e hanno agito “provandoci”. Provando quindi, in ogni rete - e come comunità di docenti - a costruire percorsi che prevedevano la verticalità del curricolo, l’utilizzo di pratiche laboratoriali, ideando la progettazione e la didattica per competenze, costruendo sinergie col territorio. In particolare quest’ultimo aspetto ha dimostrato come la scuola non possa esistere senza il territorio, senza la società. Ma ha dimostrato che anche la società, senza la scuola, o ignorandola, non può vedere, e proteggere e costruire, il proprio futuro.Il lavoro, svolto in poco più di un anno scolastico, dimostra come un tema, pur ampio ma circoscritto (la storia locale di un territorio) possa divenire un metodo, per di più esportabile, di fare scuola che davvero interpreta il voler lavorare pensando alla centralità di ogni allievo, alla necessità che la materia affrontata da un insegnante divenga uno strumento per aprirsi alla curiosità e al desiderio di collegarsi ad altre discipline, credendo nel metodo dell’apprendimento fra pari, nell’importanza del lavoro di gruppo e del corretto utilizzo delle più moderne tecnologie, come la LIM.Si è quindi partiti col voler fornire ai giovani una adeguata conoscenza del proprio territorio e dei suoi elementi caratterizzanti - frutto di stratificazioni e di sintesi millenarie - e si è approdati verso un’altra meta da cui ripartire per scoprire orizzonti e affrontare storie nuove. Si è studiato il passato insomma, ma con la mente rivolta al futuro: un passato in cui trovare e capire le proprie radici per costruire ciascuno il proprio futuro in un’ottica di scala più ampia, nazionale, europea e mondiale, uscendo da una limitante logica localistica.
Si è studiata la storia anche per imparare che ogni gruppo sociale ne ha una e nessuna è migliore o peggiore: è la storia da cui prende vita un individuo. E ciascuno ne ha una. Conoscere e apprezzare la propria, significa comprendere anche le altre Storie, le altre persone: si impara ad eliminare il rischio della reciproca diffidenza. Conoscere le persone con le quali entriamo in relazione aiuta nel processo di integrazione, non di omologazione.Il progetto ha offerto sostanza e mezzi alla crescita consapevole ed armonica delle identità personali e sociali, intese come identità plurime; ha trovato strumenti per gestirle in modo non conflittuale sia sul piano individuale che collettivo. La finalità ultima, credo pienamente raggiunta da tutte le scuole coinvolte, è stata quella di sviluppare sensibilità e consapevolezza in ogni alunno e studente cercando di dotarlo delle competenze per fronteggiare, o meglio per vivere gioiosamente e in modo costruttivo, la complessità della società che è in rapido mutamento. Ciascuno di loro ha compreso che ha la possibilità e il dovere di concorrere a scrivere la storia e a migliorare la società, interiorizzando il vero significato di “cittadinanza attiva”.
Ringrazio, oltre al Prof. Fossa, coordinatore ed anima del progetto, la Prof.ssa Mancarella - entrambi ricercatori del Nucleo del Veneto dell’ANSAS - e tutte le 20 scuole dalla Infanzia e Primaria alla Secondaria di Secondo grado coinvolte con i loro 600 studenti, i Dirigenti scolastici, gli insegnanti e il personale amministrativo. Il percorso dimostra la vitalità delle scuole del Veneto e la passione dei Dirigenti Scolastici e degli insegnanti.
Un grazie particolare alle scuole capofila:
Venezia: I.I.S. “Marco Polo” e Istituto Magistrale “N. Tommaseo”; Dirigente Scolastico Prof. Roberto Gaudio, docente referente Antonio Beninati
Padova: ITG Belzoni; Dirigente Scolastica Prof.ssa Cristina Pollazzi, docente referente Ester Antonelli
Treviso: I.I.S. “Liceo “P. Levi”” di Montebelluna; Dirigente Scolastico Prof. Lamberto Pillonetto, docente referente Alfredo Sabato
Vicenza: Liceo Classico “Zanella” di Schio; Dirigente Scolastica Prof.ssa Marilena Valle, docente referente Donata Dall’Alba.
Il progetto pilota, il suo evolversi, i suoi esiti sono a disposizione della comunità dirigente e docente italiana: spero davvero che questa esperienza possa costituire una “buona pratica” utilizzabile in ogni regione del nostro Paese.
Dott.ssa Alessandra Missana

giovedì 19 agosto 2010

Letture.

Tiziano Scarpa, Stabat mater, Torino, Einaudi, 2009.


È notte, l'orfanotrofio è immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una. Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la fitta grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine più assoluta. Ogni notte Cecilia si alza di nascosto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona più intima e più lontana, la madre che l'ha abbandonata. La musica per lei è un'abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Dall'alto del poggiolo sospeso in cui si trova relegata a suonare, pensa "Io non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi la versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci". Così passa la vita all'Ospedale della Pietà di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilità dell'arte eppure vivono rinchiuse, strette entro i limiti del decoro e della rigida suddivisione dei ruoli. Ma un giorno le cose cominciano a cambiare, prima impercettibilmente, poi con forza sempre più incontenibile, quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. È un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. Si chiama Antonio Vivaldi. Grazie al rapporto conflittuale con la sua musica, Cecilia troverà una sua strada nella vita, compiendo un gesto inaspettato di autonomia e insubordinazione.

Letture


Walter veltroni, La scoperta dell'alba, Milano Rizzoli, 2008.


Giovanni Astengo, poco più di quarant'anni, lavora all'Archivio di Stato, dove cataloga le vite quotidiane eppure straordinarie racchiuse nei diari di persone come tante. Ha una moglie in carriera e due figli amatissimi: Lorenzo, ventenne entusiasta e generoso, e la dolce Stella, una bambina down. E c'è una ferita non rimarginata nel suo passato: una domenica mattina, quando lui aveva tredici anni, suo padre è scomparso per sempre, senza un perché. In un'alba d'agosto, un'alba "semplice, banale, senza guizzi né significati", Giovanni prova l'impulso di tornare nel casale di campagna della sua famiglia, il luogo della felicità perduta, abbandonato da decenni. Dentro c'è un telefono di bachelite. Quel vecchio oggetto dimenticato diventa lo strumento grazie al quale Giovanni riesce ad aprire un varco nella barriera del tempo per fare luce sul mistero che ha segnato la sua esistenza. Il primo romanzo di Walter Veltroni racconta la forza e lo strazio dei sentimenti; è un'imprevedibile indagine, un viaggio nella trama dei nostri giorni, intrecciata con le notizie che filtrano dai giornali e dalla televisione, e una dolorosa immersione nella storia insanguinata degli anni di piombo; è un'appassionata dichiarazione d'amore e di fede nel potere unico della letteratura e dell'invenzione fantastica: il potere di svelare il senso nascosto delle cose, e di regalarci un'impossibile consolazione.

Letture.

Patrizia Girardello, Parla mia Madre, Edimond, 2010.
Un racconto intenso e sincero oltre che emozionante e pervaso di profonda dignità umana. L'autrice, ancora molto giovane, perde la madre per un male incurabile; e a parlarci in prima persona è la donna stessa attraverso la penna della figlia che molto tempo dopo decide di dar voce al dolore straziante della madre e così anche al suo. Non viene descritta una "madre eroica" ma una mamma vera, con tutte le sue debolezze, le speranze e le tremende paure di chi vive "la follia di chi si sente arrivata al capolinea", una madre che sogna di volare via come un gabbiano. "Tutto intorno a me gronda perle di tempo, mi cadono addosso, sono gelide, mi feriscono, mi scottano, mi lacerano. Non posso fuggire la pioggia dei giorni che mi si rovescia addosso senza clamore, senza volere, ineluttabile come la vita, come la morte. Vorrei fuggire, volare lontano, via da questa pioggia, da questo cielo inaridito, dalla luce aspra, ma le ali sono bruciate, il piumaggio annerito, gli occhi straziati".
Prefazione di Alessandro Quasimodo.

http://www.premioletterariocdc.it/narrativa.html

Letture.


Gian Antonio Stella, Odissee, Rizzoli.


http://www.odissee.it/

30 giorni di nave a vapore
30 giorni di nave a vapore
che nell'America noi siamo arrivati
e nell'America che siamo arrivati
abbiam trovato né paglia e né fieno
abbiam dormito sul piano terreno
e come bestie abbiamo riposà
abbiam dormito sul piano terreno
e come bestie abbiamo riposà.

America allegra e bella
tutti la chiamano l'America sorella
tutti la chiamano l'America sorella
la la la la lallalal lalalalallalala.

Ci andaremo coi carri dei zingari
ci andaremo coi carri dei zingari
ci andaremo coi carri dei zingari
in America voglio andar.

America allegra e bella
tutti la chiamano l'America sorella
tutti la chiamano l'America sorella
la la la la lallalal lalalalallalala.

E l'America l'è longa e l'è larga
l'è circondata di monti e di piani
ma con l'industria dei nostri italiani
abbiam fondato paesi e città
ma con l'industria dei nostri italiani
abbiam fondato paesi e città.

America allegra e bella
tutti la chiamano l'America sorella
tutti la chiamano l'America sorella
la la la la lallalal lalalalallalala.

(Canzone popolare)

Letture


Coelho Paulo . Veronika decide di morire, Bompiani, 1986, 186 pag.

Veronika, pur avendo una vita normale, non è felice. Ecco perché decide di morire, ingerendo una dose eccessiva di sonniferi. Ma il tentativo fallisce, e Veronika viene internata in una clinica psichiatrica dove il suo cuore ammalato conosce una realtà di cui non sospettava l'esistenza. Il romanzo si ispira a un drammatico episodio della vita dello scrittore quando, nel 1965, a diciotto anni, venne ricoverato in una clinica psichiatrica. Paulo Coelho scrive una profonda riflessione sul tema della normalità e della diversità, trasformando il dramma dell'infelicità nella pienezza dell'accettazione della vita e della sua bellezza.

http://it.wikiquote.org/wiki/Paulo_Coelho


Letture


Da “L’Unione Sarda” L'Italia de noantri di Aldo Cazzullo.


I mali e i pregi del nostro Paese.


"L'Italia de noantri" di Aldo Cazzullo - Mondadori, pagine 192.

Noantri è la parola chiave dell'Italia di oggi. L'Italia dei clan, delle famiglie, delle fazioni. Del dominio dei rapporti personali. Della politica divenuta prosecuzione degli affari con altri mezzi. Un paese mai così frammentato, eppure mai così uguale dal Piemonte alla Sicilia: unificato dall'egemonia di Roma e del Mezzogiorno.
"Forse al Nord si evade il fisco meno che al Sud? Forse il traffico è meno congestionato e non si suona il clacson per strada? Forse al Nord non si paga il pizzo, non si pratica l'usura, non si sfrutta la prostituzione, non si cede al racket, non si accolgono gli investimenti della camorra?"
Aldo Cazzullo parte dalla sua città, Alba, dove ancora trent'anni fa "i miei nonni non avrebbero mai mangiato una pizza", e dove ora si vive di turismo quasi come a Taormina. E dalla sua terra, le Langhe, cuore dello scandalo del Grinzane Cavour e di un Piemonte che ha rinunciato all'idea di diversità dal resto del paese. Il viaggio prosegue nella Roma del Palazzo e dei Vanzina, del Vaticano e dei Cesaroni, capitale de noantri - "perché escludere se puoi includere?" - di un'Italia sempre più romanocentrica. Conduce al Sud, che nel costume e nel linguaggio, dalla mafia a Padre Pio, ha ormai imposto il suo primato culturale al Nord. Racconta come i nuovi italiani, i figli degli immigrati, stiano scalzando gli italiani "veri", che hanno sempre meno voglia di lavorare. Analizza la meridionalizzazione di Pdl e Pd. Entra nella Chiesa, svelando storie di sacerdoti e cardinali, con i retroscena dell'elezione e del pontificato di Benedetto XVI. E trova, in fondo al vaso di Pandora dei nostri mali, i motivi della Speranza.


I Walser



http://www.cm-walser.vda.it/mappasito.aspx

Venerdì 16 luglio apre al Forte di Bard "Homines Dicti Walser - Un popolo nel cuore delle Alpi", mostra dedicata al popolo Walser.
Il percorso espositivo affronta diverse tematiche, partendo dalle origini della cultura Walser, per poi approfondirne alcuni degli aspetti più significativi: l'architettura tipica, i costumi tradizionali delle comunità di Issime e di Gressoney, i raduni internazionali che periodicamente coinvolgono le diverse comunità (Walsertreffen). Una sezione speciale è riservata ai pionieri della fotografia nella valle del Lys.

mercoledì 18 agosto 2010

Un attimo di silenzio... Ricordando Francesco Cossiga



Francesco Cossiga è stato «Un punto di riferimento per la vita del Paese» come ha detto il vice presidente del Senato Vannino Chiti all'ex sottosegretario di Stato, Paolo Naccarato, per anni segretario particolare del Presidente Emerito. Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Chicchitto, invece, lo ha così ricordato: « Una delle menti più straordinarie che la Repubblica abbia mai avuto, l'ho visto mille volte e ogni volta mi sorprendeva con intuizioni che mi facevano sentire un cretino».

http://www.corriere.it/gallery/politica/07-2010/cossiga/1/vita-politica-francesco-cossiga-_d756b9a6-9429-11df-8c86-00144f02aabe.shtml#1

sabato 7 agosto 2010

letture


Enzo Biagi, Giro del mondo.
"Il fatto che io sia pessimista non ha niente a che vedere con l'amarezza. Trovo crudele ogni tentativo di manipolare l'uomo attraverso l'ideologia. E questo fatto mi porta a essere pessimista, ma non necessariamente triste. Ci siamo sempre immaginati Sisifo come un povero sconfitto. Camus lo interpreta in un modo nuovo, come un ribelle che chiede a Dio di lasciargli il peso della propria esistenza, teorema del dramma di vivere affrontato con coraggio e lucidità." Günter Grass
Il giornalismo può essere davvero un'arte se si parla di un "maestro" come Biagi e l'età (di tutto rispetto) nulla toglie alla freschezza comunicativa di uno stile invidiato dai colleghi più giovani e ammirato da diverse generazioni di lettori. La trasmissione che conduce su Rai Uno ogni sera, Il Fatto, è per molti un appuntamento imperdibile, tale è la capacità di sintesi, l'ironia, la vivacità e la precisione che caratterizzano quei pochi minuti di vero giornalismo "d'autore". Così anche i libri che trascrivono molte sue esperienze di vita e professionali, gli incontri e i colloqui con personaggi noti del mondo della politica e dello spettacolo attirano da anni innumerevoli lettori che acquistano praticamente "a scatola chiusa" ogni opera di Biagi. Questo ultimo libro (il penultimo della sua vita, a detta dell'autore) presenta interviste ad alcuni famosi scrittori in un immaginario (ma reale per lo scrittore) viaggio attraverso il mondo: dal Sudafrica di Wilbur Smith alla Russia di Alexandra Marinina, dalla Cornovaglia o da Berlino rivisti con l'inglese John Le Carré alla Norvegia così ben rappresentata da Jostein Gaarder, il grande territorio (che oltre che un luogo geografico è uno stato d'animo, una cultura) dell'America latina ripercorso nei suoi travagli e nelle sue speranze con Luis Sepúlveda e l'altra America, quella opulenta degli Stati Uniti, così legata, nell'immaginario italiano al cinema e ai suoi effetti speciali, che si rispecchia in uno scrittore capace di avvincere con la sua abilità fantastica ogni lettore quale è Michael Crichton. L'Europa ha un cuore francese, Parigi è stata per lunghi anni la capitale della cultura europea, luogo di raffinati intellettuali, patria de "l'esprit de finesse" e in dialogo con Biagi è un degno rappresentante di quella élite culturale, Jean d'Ormesson che riesce a spaziare in tanti campi del sapere e della storia recente. Da una certa "leggerezza" tutta francese (che non vuole dire di certo superficialità) si passa alle grandi tragedie del nostro secolo, il secolo dell'odio per l'appunto. Hiroshima e Nagasaki, simboli delle atrocità a cui la guerra ha condotto, simboli di una scienza che distrugge, sono al centro del discorso condotto con Kenzaburo Oe, premio Nobel nel 1994, uomo dalla vita segnata dalla nascita di un figlio handicappato, dramma personale che diventerà il tema centrale della sua opera letteraria, trasfigurandosi in esperienza umana universale, in metafora del Giappone stesso. Gli ultimi due capitoli di questo viaggio intorno al mondo riguardano l'Italia e la Spagna. Un intellettuale piemontese ("io mi sento più piemontese adesso che non a venti o a quarant'anni") e nello stesso tempo cosmopolita, Umberto Eco, uno dei pochi studiosi e scrittori italiani noti e tradotti in tutto il mondo esprime le sue autorevolissime opinioni su temi di stretta attualità, internet, gli intellettuali italiani, la stampa nazionale, l'Europa, la multiculturalità e la "Padania", ma soprattutto offre un esempio di mente "illuminata", spiritosa, di uomo che sa essere colto ma divertente, libero dall'arroganza propria dei mediocri. L'ultimo capitolo è un'appendice in quanto lo scrittore posto al centro del discorso è Garcia Lorca, morto ormai da più di sessant'anni, ucciso durante la guerra civile spagnola più per vendetta personale che per la sua attività antifranchista. Così aveva motivato la sua uccisione Ruiz Alonso, il mandante dell'assassinio: "Ha fatto più danno con suoi libri che gli altri con le rivoltelle". Al termine di questo Giro del mondo resta nei lettori la sensazione di conoscere molto di più degli scrittori che hanno amato (o odiato) solo attraverso le loro opere, ma soprattutto risulta evidente che solo l'abilità dell'intervistatore e commentatore permette di penetrare nelle diverse personalità, di inquadrarle in una battuta, di cogliere sempre il centro del bersaglio. Dice divertito Biagi "Il mio pseudonimo non è Dio", e si potrebbe aggiungere che è proprio la sua umanità a renderlo un modello così prezioso e raro di giornalista e uno degli ultimi "saggi" dei nostri tempi.
Giro del mondo di Enzo Biagi, Edizioni Rizzoli - ISBN 88-17-86513-3
Recensione di Grazia Casagrande


Smilzo, denominato “la scimmia”, è un ragazzino il protagonista di quest’ultimo romanzo dello scrittore napoletano. Viene fatto giocare a calcio con i ragazzi più adulti per la sua capacità di recuperare il pallone che va a finire nei palazzi, ma il ragazzo recupera i palloni soprattutto per vedere Anna, una bambina che sta sempre dietro una finestra e che incontrerà dieci anni dopo, scoprendo che è artistica. Orfano, viene cresciuto da don Gaetano, il portiere del palazzo e frequenta la scuola desideroso di apprendere, frequenta la libreria di don Raffaele che gli presta i libri, volumi che rappresentano “un invito a uscire”, ad acquistare coscienza e consapevolezza della vita. Il ragazzo, il romanzo è narrato in prima persona, ha una iniziazione sessuale con una vedova, ma la tempesta lo coinvolge quando riesce a baciare Anna, tempesta che lo porterà ad avere uno scontro con un inquilino del palazzo La Capa e a scappare in Argentina. Libro ambientato a Napoli durante la rivolta delle quattro giornate, con la descrizione dei militari americani che girano per la città e con le famiglie pronte ad ospitarle per riscattare un passato di miseria, Il giorno prima della felicità è un romanzo ricco di personaggi egregiamente caratterizzati e di un plot narrativo interessante. E’ un romanzo che ci ricorda Montedidio pubblicato da De Luca nel 2001 dove il protagonista era un ragazzo che andava a bottega da un falegname. Quello che caratterizza questo, ma anche gli altri romanzi di De Luca, è la scrittura: fredda, asciutta, priva di ricercatezze retoriche, straordinamnente poetica .Ne Il giorno prima della felicità vi sono pagine bellissime come la differenza fra la Napoli di giorno e quella di notte, le interminabili partite a scopa perse dal ragazzo che poi riesce a vincere, la descrizione della miseria, il finale con pagine di autentica poesia. De Luca non ha certamente bisogno di ricorrere a ricercatezze linguistiche, a pagine di retorica: la sua scrittura incanta il lettore che compie, leggendo il libro, un dolce viaggio. E’, come gli altri dello stesso aurore, un libro un libro da leggere con calma, da assaporare, da rileggere più volte perché trasmette intense emozioni.
Pubblicato il 01/02/2009 da Giuseppe Petralia, per la rubrica LETTERATURA in Kult Underground (
http://www.kultunderground.org/articoli.asp?art=1168 )

Letture

Questa è la storia di un camoscio, magnifico animale di montagna, che rimasto orfano, impara tutto da solo, senza appartenere a un branco. E’ forte, unico, bellissimo. Sfida tutti senza timore e diventa il “re dei camosci“. Ma questa è anche la storia del cacciatore che lo ucciderà. Il vecchio cacciatore che vive da solo nella casa del bosco e racconta poco della sua caccia, perché non ha storie da raccontare. Nemmeno una che possa conquistare una donna. Con sua sorpresa una giornalista si mette in testa di seguirlo, su in montagna. Non accetta subito la cosa. Perché lui non è abituato a frequentare le donne e chi non le frequenta, scrive Erri De Luca, ha “dimenticato che hanno di superiore la volontà. Un uomo non arriva a volere come una donna“. Il cacciatore è spaesato e ha timore. E poi da anni, tra lui e il camoscio, c’è un silenzioso scontro. Uno scontro che conoscerà fine nel mese di novembre...
Libro breve, scritto benissimo, con un ritmo deciso, ma con una musica lenta, paziente. Erri de Luca racconta questa storia in maniera molto lieve, lieve come la neve che fa cadere in montagna e come il battito d’ali di quella farfalla bianca. Con abilità e rispetto entra in queste due solitudini, raccontandoci prima di un duello lungo anni e poi di una pietà finale, di un abbraccio forte e eterno che vede queste due solitudini legate nella morte, come lo erano anche nella vita. Leggera e presente emozione.

Recensione a cura di Lucia Dell’Omo










Andrea Camilleri, Il colore del sole, Milano, Mondatori, 2007.


Camilleri si prende una pausa dal personaggio Montalbano e si concede il piacere di scrivere un breve racconto sulle vicende del pittore maledetto, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, nel periodo che trascorse a Malta e in Sicilia.
Per non appesantire la narrazione usa l'espediente delle pagine del diario ritrovato. Pagine che un misterioso personaggio fa ritrovare al Camilleri scrittore e che raccontano, in prima persona, le vicende del pittore.
Pagine che parlano di un uomo perennemente in fuga, per sfuggire alla condanna a morte per omicidio, fino a Malta e poi in Sicilia. Ma lo scopo del racconto non è narrare la biografia di Caravaggio, ma mettere in mostra i suoi incubi (il cane che lo rincorre e che lo sbrana), l'ossessione per il "sole nero", che non gli permette di vedere (per giorni interi) i colori.Le pagine, o i frammenti delle pagine, non danno un senso di continuità alle vicende, ma rafforzano il senso di mescolanza tra sogni (o incubi) e realtà .. e dalla tortuosa psicologia della mente di Caravaggio emerge una spiegazione sulla sua pittura.
Che dire in conclusione? Non servirà a coloro che si vogliono avvicinare per la prima volta a Camilleri .. non è una biografia di Caravaggio .. non è nemmeno un romanzo. Rimane una lettura scorrevole, piacevole .. più un piacere per chi lo ha scritto, che per chi lo vuole leggere.






Recensione gentilmente concessa dal sito Uno e Nessuno.
02/03/2007 di Aldo Funicelli



Letture







Giuseppe De Nittis (Barletta, 25 febbraio 1846 – Saint-Germain-en-Laye, 21 agosto 1884) è stato un pittore italiano appartenente alla corrente artistica del verismo e dell'impressionismo.
Rimasto orfano sin dall'infanzia, De Nittis, dopo il suo apprendistato presso il pittore barlettano Giovanni Battista Calò, si iscrisse nel 1860 all'Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Mancinelli e Smargiassi, ma si mostrò disinteressato alle nozioni ed esercitazioni accademiche, per cui quattro anni più tardi fondò la "Scuola di Resina", corrente italiana sul tema del realismo. Nel 1867 si trasferì a Parigi dove conobbe Ernest Meissonier e Jean-Léon Gérôme e sposò due anni più tardi Léontine Lucile Gruvelle, che influenzerà notevolmente le scelte sociali ed artistiche del marito. Toccò il culmine della sua fama all'Esposizione Universale di Parigi del 1874 dove espose undici delle sue tele. Morì nel 1884 a Saint-Germain-en-Laye, colpito da un fulminante ictus cerebrale.
Molte delle sue opere sono conservate nella Pinacoteca comunale di Barletta (a lui intitolata), fra cui il celebre dipinto "Colazione in giardino".








Raffaello Mastrolonardo, Lettera a Leontine , Tea Libri, 2010, è il commovente romanzo che 2008 era uscito nelle librerie di Bari, tra le edizioni Besa. Oggi la Tea ha deciso di regalare una nuova distribuzione. Tanti, infatti, sono stati i consensi ottenuti da Raffaello Mastroleonardo anche sulla sua pagina Facebook, inondata di commenti di lettori commossi.Protagonista del romanzo è Leontine, una donna che stravolge la vita del dottor Piergiorgio Alfonsi, ginecologo affermato, poeta e musicista mancato, padre devoto, marito sofferente. Ancora una volta è l'amore il motore degli eventi, che coglie il protagonista durante la pausa di una sigaretta. Una storia struggente che ha come sfondo una Bari inaspettata, che pagina dopo pagina si colora di strade, facce e odori. Uno sfondo che poi si allarga a tutto il Salento, Trani, Altamura, Barletta, tra la magia dei quadri di De Nittis, poesia e musica. Una tormentata relazione clandestina, fatta di slanci, ripensamenti, fughe e rimpianti. E' Piergiorgio a raccontarcela, con una sincerità (ahimè) non comune al sesso maschile ma è Leontine a dettarne i tempi.In amore vince chi fugge, e nel romanzo è Leontine cedere e poi fuggire, costringendo Piergiorgio a fare i conti anche con l'altra faccia dell'amore, quella dell'abbandono, del dolore, delle lettere scritte di notte che lo tormentano di interrogativi.Così la sua lettera-dichiarazione a Leontine scorre veloce come un paesaggio sul finestrino di un treno, regalandoci anche il ritratto di una generazione, quella che appena superati gli «anta» è ancora alla ricerca di emozioni per sentirsi ancora "viva".Un amore che non ha età, regole e leggi, e per questo motivo che Piergiorgio cita il poeta americano Edagr Lee Masters «Questo è l'amaro della vita: che solo in due si può essere felici; e che i nostri cuori sono attratti da stelle che non ci vogliono».



LETTURE


La storia di Carmine Pascià.
Un libro di Gian Antonio Stella sul contadino di Altavilla Silentina che divenne suo malgrado un beduino...
di Carlo Meoli

“I corti di carta” del Corriere della Sera. Infatti racconta della incredibile vicenda di Carmine Iorio, da Altavilla Silentina, nel cuore della Piana del Sele. Ed ecco che viene fuori il racconto, “Carmine Pascià (che nacque buttero e morì beduino)”.
Carmine è un povero analfabeta che, suo malgrado, viene buttato in una guerra, quella libica, che non capisce e odia. In quattro anni non ottiene una licenza, viene preso di mira dai superiori, si ribella con rassegnazione. Una notte, dopo una abbondante bevuta, ubriaco, senza rendersene conto, si allontana dal campo. In una parola, diventa un disertore. Un disertore involontario, certo, ma ormai certo che se dovesse essere catturato lo attenderebbe il plotone di esecuzione.
Finisce, girovagando, nelle mani dei beduini. Lo avrebbero impiccato ma lo salva la sua grande abilità nello sparare. Un tiratore eccezionale, Carmine. A questo punto deve fare una scelta. Allearsi con il nemico o andare incontro a morte certa. Decide di vivere con i beduini, fa i lavori sporchi per loro, si innamora e sposa una araba. Vive dieci anni così, diventando tra gli italiani una sorta di leggenda.
Ma Carmine, che di persone ne ha uccise tante, è fiero di se stesso perché non ha mai sparato o preso parte a operazioni contro gli italiani. Alla fine però viene catturato dai compagni. E davanti al plotone di esecuzione gli verrà stranamente in mente la festa della Madonna delle Galline a Pagani, con la nostalgia di non esserci potuto mai andare.
Stella parte da una vicenda realmente accaduta, difficilmente ricostruibile anche perché in gran parte basata su tradizione orale, per trattare temi terribilmente attuali: l’odio verso la guerra, la difficoltà di comprendere chi è diverso da noi, l’integrazione razziale e religiosa, l’ottusità di una classe dirigente che non comprende cosa veramente vuole la gente. Il tutto con un stile pungente e una punta di rimpianto per quella Italia di “zappatori”, povera ma dignitosa, così diversa da quella di oggi.
(Dal “Corriere della sera” di domenica 17 agosto 2008)

Letture delle vacanze.


Piersanti Claudio, Il ritorno a casa di Enrico Metz, Feltrinelli ,2006, 204 p.

Enrico Metz ha deciso di tornare a vivere nella casa di famiglia, di ridurre il lavoro a poche consulenze (è stato fino ad allora il legale di operazioni di portata planetaria, è stato al fianco di tutti gli uomini che contano) e di rimodellare la propria esistenza borghese intorno ad alcuni amici ritrovati, alla famiglia, alla memoria ritrovata. Coinvolto in uno dei più rovinosi crack finanziari del paese, quello dell'ingegner Marani, Metz è stato sotto la luce dei riflettori, ma, grazie alla lungimiranza dell'uomo di cui è stato fedele braccio destro, ha salvato la propria posizione. Ora l'ingegner Marani lo chiama per accertarsi che la "nuova vita" sia cominciata, in realtà per accomiatarsi. Il giorno seguente arriva la notizia della sua morte. Intanto Metz, esperto di legislazione internazionale, è riuscito a ottenere un manipolo di clienti locali, forti, interessanti. Ma il suo ritorno in città non è passato inosservato presso gli altri studi che ne temono la concorrenza. I suoi nuovi nemici, sconcertati e sospettosi, scatenano una campagna denigratoria che lo induce a ritrarsi più drasticamente. Il rumore del mondo svanisce e Metz comincia un lento abbandono di sé a se stesso, una progressiva cancellazione di atti ed emozioni, che non ha nulla di remissivo ma semmai è l'estremo omaggio alla vita, alla bellezza, a quel che poteva essere e non è stato.