La storia di Carmine Pascià.
Un libro di Gian Antonio Stella sul contadino di Altavilla Silentina che divenne suo malgrado un beduino...
di Carlo Meoli
“I corti di carta” del Corriere della Sera. Infatti racconta della incredibile vicenda di Carmine Iorio, da Altavilla Silentina, nel cuore della Piana del Sele. Ed ecco che viene fuori il racconto, “Carmine Pascià (che nacque buttero e morì beduino)”.
Carmine è un povero analfabeta che, suo malgrado, viene buttato in una guerra, quella libica, che non capisce e odia. In quattro anni non ottiene una licenza, viene preso di mira dai superiori, si ribella con rassegnazione. Una notte, dopo una abbondante bevuta, ubriaco, senza rendersene conto, si allontana dal campo. In una parola, diventa un disertore. Un disertore involontario, certo, ma ormai certo che se dovesse essere catturato lo attenderebbe il plotone di esecuzione.
Finisce, girovagando, nelle mani dei beduini. Lo avrebbero impiccato ma lo salva la sua grande abilità nello sparare. Un tiratore eccezionale, Carmine. A questo punto deve fare una scelta. Allearsi con il nemico o andare incontro a morte certa. Decide di vivere con i beduini, fa i lavori sporchi per loro, si innamora e sposa una araba. Vive dieci anni così, diventando tra gli italiani una sorta di leggenda.
Ma Carmine, che di persone ne ha uccise tante, è fiero di se stesso perché non ha mai sparato o preso parte a operazioni contro gli italiani. Alla fine però viene catturato dai compagni. E davanti al plotone di esecuzione gli verrà stranamente in mente la festa della Madonna delle Galline a Pagani, con la nostalgia di non esserci potuto mai andare.
Stella parte da una vicenda realmente accaduta, difficilmente ricostruibile anche perché in gran parte basata su tradizione orale, per trattare temi terribilmente attuali: l’odio verso la guerra, la difficoltà di comprendere chi è diverso da noi, l’integrazione razziale e religiosa, l’ottusità di una classe dirigente che non comprende cosa veramente vuole la gente. Il tutto con un stile pungente e una punta di rimpianto per quella Italia di “zappatori”, povera ma dignitosa, così diversa da quella di oggi.
(Dal “Corriere della sera” di domenica 17 agosto 2008)
Un libro di Gian Antonio Stella sul contadino di Altavilla Silentina che divenne suo malgrado un beduino...
di Carlo Meoli
“I corti di carta” del Corriere della Sera. Infatti racconta della incredibile vicenda di Carmine Iorio, da Altavilla Silentina, nel cuore della Piana del Sele. Ed ecco che viene fuori il racconto, “Carmine Pascià (che nacque buttero e morì beduino)”.
Carmine è un povero analfabeta che, suo malgrado, viene buttato in una guerra, quella libica, che non capisce e odia. In quattro anni non ottiene una licenza, viene preso di mira dai superiori, si ribella con rassegnazione. Una notte, dopo una abbondante bevuta, ubriaco, senza rendersene conto, si allontana dal campo. In una parola, diventa un disertore. Un disertore involontario, certo, ma ormai certo che se dovesse essere catturato lo attenderebbe il plotone di esecuzione.
Finisce, girovagando, nelle mani dei beduini. Lo avrebbero impiccato ma lo salva la sua grande abilità nello sparare. Un tiratore eccezionale, Carmine. A questo punto deve fare una scelta. Allearsi con il nemico o andare incontro a morte certa. Decide di vivere con i beduini, fa i lavori sporchi per loro, si innamora e sposa una araba. Vive dieci anni così, diventando tra gli italiani una sorta di leggenda.
Ma Carmine, che di persone ne ha uccise tante, è fiero di se stesso perché non ha mai sparato o preso parte a operazioni contro gli italiani. Alla fine però viene catturato dai compagni. E davanti al plotone di esecuzione gli verrà stranamente in mente la festa della Madonna delle Galline a Pagani, con la nostalgia di non esserci potuto mai andare.
Stella parte da una vicenda realmente accaduta, difficilmente ricostruibile anche perché in gran parte basata su tradizione orale, per trattare temi terribilmente attuali: l’odio verso la guerra, la difficoltà di comprendere chi è diverso da noi, l’integrazione razziale e religiosa, l’ottusità di una classe dirigente che non comprende cosa veramente vuole la gente. Il tutto con un stile pungente e una punta di rimpianto per quella Italia di “zappatori”, povera ma dignitosa, così diversa da quella di oggi.
(Dal “Corriere della sera” di domenica 17 agosto 2008)
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